Fa' ciò che vuoi

mercoledì 26 aprile 2017

Dove giocare a scacchi?

Augurandomi che possiate farlo "dal vivo", un bambino di fronte all'altro, vi consiglio un sito dove allenarsi contro un computer, per migliorare le mosse e la tattica.

https://www.chess.com/play/computer

Mi raccomando di settare il livello "1" o facilissimo, almeno per le prime settimane. A meno che non siate dei piccoli campioni, il computer vi batterà tante volte all'inizio. Non demordete, e cercate di imparare dagli errori!

Proverò anche ad allegare a questo blog un corso di scacchi, uscito con Topolino parecchi anni fa.

Chessmate!

Essere a scuola oggi (post per i genitori)

Secondo molte fonti, l'apprendimento di ciò che ci "serve" nella vita avviene per buona parte fuori dalla scuola.
Questa è una novità degli ultimi decenni, causata soprattutto dai cosiddetti "mezzi di informazione di massa". A cominciare dalla televisione per arrivare al tablet.
Possiamo essere dispiaciuti, irritati, amareggiati da questo dato. Ma è una realtà. E se pensiamo di dover reagire in qualche modo, ignorarla non ci condurrà lontano.

A partire dalla fine degli anni ottanta, il concetto in sé di "nozione" (ad esempio: l'enunciato del teorema di Pitagora, l'incoronazione di Carlo Magno, il processo della fotosintesi clorofilliana) è stato sempre più messo in discussione dalla pedagogia in primis dalle normative poi.
Si è giunti dopo lunghi e laboriosi passaggi al concetto di "competenza". Un concetto non semplicissimo da spiegare qui, magari ci torneremo in un post dedicato. Per non restare con una parola vuota o ambigua in mente, conviene ancorarla a due punti nevralgici: l'esperienza del bambino e la risoluzione di problemi.

Se la legge e la teoria hanno da parecchi lustri indicato questa nuova via, certamente la scuola e soprattutto quella italiana ha faticato - e tuttora fatica - ad intraprenderla.
Primo perché la scuola è un ente alquanto conservativo. Fatica per sua natura a digerire le novità.
Secondo perché il metodo di insegnare di un docente può mutare soltanto se viene "riformato" (dallo studio, da un altro docente, da esperienze particolari). Questo da un certo punto di vista è un bene, perché il docente propone sempre un metodo già sperimentato da altri (con rischio minore di "danneggiare" gli alunni).

L'Italia ci mette anche su un carico notevole, con la propria inadeguatezza di personale, di strutture, di infrastrutture, e soprattutto di investimenti. Lo stipendio del docente italiano è, in rapporto al costo della vita, uno dei più bassi in Europa. Gli stessi edifici risalgono perlopiù agli anni '50-'60, quando le classi e gli alunni erano totalmente differenti da quelli odierni.

Ma allora perché ostinarsi a mandare i propri figli a scuola? A cosa serve?
La scuola è diventata l'unico luogo di reale interazione sociale per i bambini. In un mondo sempre più individualistico e supportato dalla tecnologia, lo spazio-tempo dell'aula fornisce agli alunni l'occasione di incontrarsi, conoscersi, volersi bene e sperimentare tutte le delusioni e le soddisfazioni della "comunità".
Senza la scuola, i nostri figli non potrebbero mai riconoscersi in una comunità. E questa sarebbe una tragedia immane per un paese che vuole pensarsi proiettato nel futuro.

Non esiste al momento realtà virtuale o social network che possa davvero dare sostanza all'integrazione tra varie culture, al rispetto per l'altro, alla crescita dell'autostima. L'unica chance è la scuola.
E dobbiamo sperare che i nostri governanti colgano il prima possibile questa urgenza. Ed adeguare, per l'ennesima volta, la scuola alle sfide di oggi.
Gli stessi genitori devono abbandonare le antiche aspettative sul voto, sul "come va a scuola mio figlio", sulla nota e sui compiti a casa.
La domanda centrale sarà: come sta mio figlio insieme agli altri?